CONSIGLI DI LETTURA

“Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”, di Raymond Carver

Di cosa parliamo quando parliamo d’amore è questo il titolo della seconda raccolta di racconti di Raymond Carver, pubblicata nel 1981 presso la Knopf Editore. La raccolta ha alle spalle una storia editoriale molto travagliata. L’editor di Raymond Carver, Gordon Lish, revisionò la raccolta tagliando quasi la metà del lavoro dell’autore, cambiando titoli e finali. Carver pur di non perdere l’aiuto del suo editor, accettò l’editing proposto. Soltanto dopo trent’anni sono stati pubblicati i racconti originali, compresi delle parti escluse, con il titolo italiano Principianti.

Nei diciassette racconti della raccolta Di cosa parliamo quando parliamo d’amore Raymond Carver si interroga su cosa sia l’amore e lo fa attraverso una carrellata di vite e di storie che scorrono davanti agli occhi del lettore. L’autore non porta sulla pagina eroi e personaggi fantastici, ma noi, uomini e donne comuni. Ci costringe, tramite questi, a guardare le nostre vite, a soffermarci su quegli aspetti che molte volte appaiono banali, su quei momenti della vita che ci sembrano indifferenti, ma che in realtà ci segnano.

L’amore, nel testo, si declina nelle sue infinite forme: dal tradimento, all’ossessione, dalla violenza, alla tenerezza, dall’abbandono, alla perdita. E così l’amore si divincola tra uomini traditi, mogli tradite, tra coppie che stanno per diventare genitori e coppie che stanno per lasciarsi. Ma Carver non parla solo di amore di coppia, guarda all’amore dei genitori per un figlio, all’affetto delle amicizie. Le storie che racconta possono avvenire ovunque e possono essere le storie di ognuno, spesso l’ambientazione è quella domestica della periferia americana.

Vite come tante che sembrano essere sconvolte da eventi inaspettati che non si sviluppano, leggendo si attende un finale che non arriva mai, le storie rimangono sospese, lasciando al lettore il gravoso peso di immaginarne il seguito.

L’abilità dell’autore sta nel far vivere al lettore, con tensione, le emozioni che vivono i personaggi. Chi legge si aspetta che accada qualcosa, ma questo non avviene perché i racconti di Carver sono come la vita: davanti ad alcuni avvenimenti, proprio come gli uomini e le donne di queste pagine, non sappiamo reagire, ci lasciamo travolgere dalle situazioni che sconvolgono la nostra quotidianità rimanendo attoniti. Le storie appaiono semplici proprio perché così vicine, così vere, ma in realtà fotografano la complessità dell’amore, della vita e dell’essere umano davanti a questi.

Carver è un abilissimo scrittore, ma più di tutto è un grande osservatore, fotografo della realtà. Il lettore ritrova un po’ di sé stesso nei suoi personaggi, nelle sue storie e questo non può lasciarlo indifferente. Lo stile è essenziale, minimale, schietto, sincero, limpido, caratterizzato da frasi brevi, a tratti brevissime. È facile ritrovarsi a pensare ad Ernest Hemingway, autore particolarmente apprezzato da Carver.

Padre del minimalismo, etichetta che ha sempre odiato, Raymond Carver non ha avuto vita facile, sposatosi prestissimo e padre a soli 18 anni, è caduto presto nelle braccia della dipendenza dall’alcool, elemento che emerge quasi in tutti i racconti di questa raccolta.

Carver investiga l’animo umano, i protagonisti delle sue storie sono tipi qualunque, famiglie medie, proprio quelle che lui ha avuto modo di osservare nel corso della sua vita. Nonostante le vite semplici, banali, l’animo dei personaggi è ricco e carico di emozioni.

Quelle che descrive Carver non sono solo personaggi, ma persone che non sanno rispondere a cosa sia l’amore, uomini che si interrogano sulla vita e sulle relazione senza trovare una risposta universale.

«Che cosa ne sappiamo noi veramente dell’amore?» disse Mel. «A me sembra che siamo soltanto principianti in amore. Diciamo di amarci, e ci amiamo, non ne dubito. Io amo Terri e Terri ama me, e voi due ragazzi vi amate anche voi. Sapete di che tipo di amore sto parlando adesso. Amore fisico, quell’impulso che ti attira verso qualcuno in particolare, e anche amore per l’altro essere, la sua essenza, per così dire. Amore carnale e, beh, chiamatelo amore sentimentale, l’attenzione quotidiana per l’altro. Ma a volte è per me molto difficile spiegarmi come ho potuto amare anche la mia prima moglie. Eppure l’ho amata, so che l’ho amata […]. C’è stato un momento in cui pensavo di amare la mia prima moglie più della vita stessa. Ma ora la odio con tutte le mie forze. Davvero. Come ve lo spiegate? Che fine ha fatto quell’amore? Vorrei proprio saperlo che fine ha fatto».

Redazione Letturificio
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