CONSIGLI DI LETTURA

“Fahrenheit 451. Gli anni della fenice”: la società distopica di Ray Bradbury
"Fahrenheit 451"

Fahrenheit 451. Gli anni della fenice, è uno di quei libri che tutti dovrebbero leggere almeno una volta per riflettere sulla società odierna e sullo straordinario peso della cultura su questa.

Pubblicato nel 1953 in America, quest’opera, appartenente al genere fantascienza, sembra fotografare un’istantanea del nostro tempo. Risulta attuale a dimostrazione della lungimiranza dell’autore nel cogliere gli aspetti di una società che somiglia sempre di più a quella in cui viviamo.

Ambientato in un futuro imprecisato, successivo agli anni ’60, Fahrenheit 451 racconta la storia di Guy Montag, pirofilo contraddistinto dall’elmetto numero 451, che dà il titolo all’opera.

Nel tempo descritto, i vigili del fuoco, a differenza di come oggi li intendiamo, hanno il compito di appiccare incendi, invece di domarli. Più precisamente, hanno il dovere di ridurre in cenere tutti i libri esistenti, le case e gli edifici che li ospitano e, se necessario, i disertori delle regole stabilite dal governo: una squadra speciale pronta a combattere il diffondersi della cultura e del senso critico personale.

“È un bel lavoro, sapete. Il lunedì bruciare i luminari della poesia, il mercoledì Melville, il venerdì Whitman, ridurli in cenere e poi bruciar la cenere. È il nostro motto ufficiale.”

“È vero che tanto tempo fa i vigili del fuoco spegnevano gli incendi invece di appiccarli?”1

L’ambientazione della storia appare tetra, fredda, sterile, senza alcuna umanità: elementi tipici del romanzo distopico, di cui Bradbury è uno dei massimi esponenti.

La tecnologia è la vera protagonista, domina qualunque aspetto della vita: dall’educazione, ai rapporti sociali, soffocando, con i suoi bagliori, tutte le emozioni umane.

I personaggi descritti in Fahrenheit 451 appaiono soli e l’unica compagnia di cui godono è quella dei grandi pareti-schermi, le cui proiezioni di personaggi televisivi vengono definiti “parenti”. Anche le strade della città sono deserte e senza vita.

Inizialmente fedele al suo lavoro e alla sua condizione, Montag intraprende il suo percorso di recupero della morale grazie all’incontro con una ragazza di sedici anni, Clarice McClellan, conosciuta una sera per strada, di ritorno da lavoro. Clarice cammina tranquilla verso casa sua, osserva il mondo che la circonda senza alcuna fretta di tornare a posizionarsi davanti a uno schermo, si dimostra predisposta al dialogo, interessata a Montag, a cui pone molte domande come nessuno faceva da lungo tempo.

In una società in cui il dialogo con l’altro è ridotto a poche battute convenzionali, Clarice appare come il baluardo di un’umanità ormai lontana, ancora capace di sorprendersi davanti alla bellezza della natura, al cadere delle foglie d’autunno e desiderosa di confrontarsi con altri esseri umani e non solo con grandi schermi. Come lei, la sua famiglia, dalla cui casa provengono voci e molte luci, a dispetto di tutte quelle circostanti, compresa quella del protagonista.

“Non siete come gli altri […]. Quando parlo, voi mi guardate. Quando dissi non so più che cosa della luna, avete guardato la luna […] Gli altri non farebbero mai così. Gli altri se ne andrebbero di punto in bianco, piantandomi in asso con le mie chiacchiere. O mi farebbero delle minacce. Nessuno ha più tempo per gli altri. […] Ecco perché mi sembra tanto strano che siate nella squadra d’incendio. Non mi appare giusto; in certo qual modo è una cosa che non vi somiglia.” 2

Le ripetute chiacchierate con la ragazza, il suo interesse nei confronti di Montag insinuano in lui il pensiero che le cose non stiano andando nella direzione giusta, che la sua non sia una vita felice come vogliono fargli credere, e che la società in cui vive in realtà non lo rappresenti:

Non più tardi dell’altra sera, ogni cosa era perfetta, poi, ad un tratto, mi sono accorto che stavo affogando3.

Quello descritto dall’autore in Fahrenheit 451 è l’ossimoro di una società asociale in cui si perde la bellezza dell’incontro con l’altro, dove gli occhi sono fissi davanti agli schermi e mai rivolti alla bellezza del mondo, dove si rinuncia a qualunque interazione e in cui nessuno pone agli altri e a se stesso domande; la mancanza di scambio di idee e il disinteresse a dedicare tempo al prossimo fanno di questi uomini degli automi facilmente manipolabili dalle forze del governo.

Lo straniamento del protagonista nei confronti della società si fa sempre più forte, mano a mano che la storia procede, trasformandosi in odio e voglia di ribellione. Montag inizia ad interrogarsi sulle sue scelte di vita, a pensare se davvero bruciare i libri sia la cosa giusta da fare. Ed è proprio questa scintilla di curiosità e umanità che lo spinge a rubare un libro da una delle case che è chiamato a distruggere. Come un tesoro di inestimabile valore, Montag nasconde i volumi rubati in casa, si avvicina a quelle pagine da bruciare e invece di distruggerle inizia a sfogliarle, a cercare delle risposte tra le righe delle opere più importanti dell’umanità.

L’atmosfera onirica conferisce all’intera opera un senso di straniamento e disorientamento da cui il lettore è coinvolto. I personaggi, nonostante la mancanza di umanità, risultano molto ben delineati dall’autore: dalla figura di Mildred, moglie del protagonista, totalmente alienata dalla tecnologia e risucchiata nella spirale sociale, dedita ai suoi programmi televisivi; al vecchio signor Faber, ex professore universitario conosciuto tempo prima, con il quale Montag inizia un viaggio alla scoperta di se stesso, allo smascheramento della società che lo circonda e alla riscoperta della cultura.

Fahrenheit 451 si posiziona tra i grandi classici della letteratura. L’impressione, leggendolo oggi, è di riconoscersi fin troppo in quella società descritta che agli occhi dell’autore appariva fantascienza. Un libro che serve per riflettere sull’importanza della cultura, del senso critico, del pensiero libero dai vincoli imposti, che ci permetta di avere una nostra visione del mondo:

Questa notte ho pensato a tutto il cherosene di cui mi sono servito da dieci anni a questa parte. E ho pensato ai libri. E per la prima volta mi sono accorto che dietro ogni libro c’è un uomo. Un uomo che ha dovuto pensarli […]. Ed è un pensiero che non avevo mai avuto, prima di questa notte4.

1 Ray Bradbury, Fahrenheit 451. Gli anni della fenice, Milano, Mondadori, 1984, p. 14.

2 Ivi, p. 38.

3 Ivi, p. 40.

4 Ivi, p. 80.

Redazione Letturificio
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