BIOGRAFIE D'AUTORE

Piccola biografia di Italo Svevo (parte seconda)

L’amicizia con James Joyce

Superata la delusione dell’insuccesso di Senilità, Ettore, in questo periodo, si dedica ai viaggi in Francia e in Inghilterra, per conto dell’azienda di famiglia, per valutare il mercato estero, in vista di un’espansione.

Nel frattempo, si appassiona al violino, interesse che coltiverà per tutta la vita.

Grazie alla passione per la musica e alla sua fama di mecenate, per la quale accoglie opere di Veruda, di Falamini, Rietti e altri, mantiene vivo il rapporto con gli ambienti culturali triestini. È così che si impone l’immagine di Ettore Schmitz: uomo di affari e intellettuale molto stimato.

Nonostante il silenzio letterario del periodo, da alcune lettere sappiamo che Svevo continua a coltivare la sua passione per la scrittura dedicandosi al teatro, per il quale scrive un gran numero di commedie.

È in questo periodo che avviene uno degli incontri più importanti della sua vita, quello con James Joyce. Dopo aver lasciato Dublino nel 1904, Joyce ottiene un lavoro come professore di inglese a Trieste e nel giro di pochi anni diventa l’insegnante più in voga della città.

Tra il 1906 e il 1907 i due autori si conoscono grazie alle lezioni di inglese che Joyce impartisce ad Ettore. La didattica si scopre non essere incentrata sulla grammatica, ma sulle discussioni letterarie che i due intrattengono instaurando un forte legame di amicizia.

I due diventano talmente fidati che Ettore porta a James i suoi due romanzi e Joyce ne rimane talmente entusiasta da far riaccendere nello scrittore triestino speranza e una fiducia in se stesso.

Joyce, negli ambienti letterari triestini, inizia una sorta di propaganda in favore di Svevo, lodando le sue capacità e il suo senso critico; allo stesso modo, in quegli anni, Svevo aiuta Joyce con i suoi importanti problemi economici.

Un’amicizia e una stima reciproca che durerà tutta la vita, in nome della quale James Joyce riuscirà a far scoprire alla critica europea il nome di Italo Svevo.


La psicoanalisi

Un’altra tappa fondamentale nella vita di Svevo è contrassegnata dal suo avvicinamento alla psicoanalisi, a partire dal 1908, anno in cui legge i primi testi di Freud.

Mentre Vienna Freud e le sue dottrine sono ancora molto discusse, nella città di Trieste tanti studenti portano a far conoscere le rivelazioni freudiane con grande entusiasmo.

Importante è la presenza nella città italiana di Edoardo Weiss, nato da famiglia ebraica, primo a portare in Italia la psicoanalisi di Freud.

Nell’ambiente ebraico triestino si diffonde una sorta di moda freudiana, tra il 1909 e il 1914, a cui Ettore non rimane indifferente e pochi anni dopo inizia a lavorare a La coscienza di Zeno.

Sull’interesse di Svevo a riguardo sicuramente influirono il rapporto con Weiss, e l’amicizia con Stekel, paziente di Freud, nonché figura di primissimo piano del movimento psicoanalitico viennese.


La coscienza di Zeno

Il periodo di avvicinamento a queste nuove dottrine, si intreccia con l’avvento della prima guerra mondiale, periodo durante il quale Ettore e Livia rimangono a Trieste mantenendo i rapporti con i pochi amici presenti in città e occupandosi della fabbrica la cui produzione prosegue in maniera lenta.

Proprio durante questo periodo di inattività Svevo decide di dedicarsi di nuovo alla letteratura.

Al dopoguerra, e precisamente al 1919, risale l’inizio della collaborazione con il giornale «La Nazione», un nuovo quotidiano veramente italiano per il quale Ettore scrive articoli di politica e di costume. Allo stesso anno, risale l’inizio della stesura del suo grande capolavoro: La coscienza di Zeno.

La storia di Zeno fu scritta in tre anni da un autore ormai maturo, e pubblicata nel 1923, a proprie spese presso l’editore Cappelli di Bologna.

Con La coscienza di Zeno, sorta di romanzo autobiografico, Svevo risponde, alla soglia della vecchiaia, all’esigenza di raccontare se stesso agli altri.

Scritto in prima persona, in ogni capitolo Zeno, che inizia un percorso di psicoanalisi presso il Dottor. S, racconta un episodio della sua vita, ma risulta insofferente verso i metodi dell’analista e non riesce a portare a termine la sua cura.

Narratore inaffidabile alla ricerca di un equilibrio, con senso di inadeguatezza rispetto alla vita e alla società, Zeno rappresenta la contrapposizione all’immagine del superuomo, stagliando sulle pagine la sua fragilità e la sua pochezza di uomo inetto e vizioso.

L’opera appare frammentaria perché sono riportate i pensieri del paziente per ordine tematico e non per ordine cronologico. La psicoanalisi, da cui Svevo era molto attratto e interessato, è assunta come strumento di indagine e quale espediente narrativo.

Certamente La coscienza di Zeno, il racconto della vita di un uomo borghese qualunque su cui sono evidenti tutti i segni della civiltà contemporanea, rappresenta l’opera simbolo di tutta la cultura del Novecento, ma al tempo non fu apprezzata.


La fortuna de La coscienza di Zeno

Dopo la difficile ricerca di un editore e dopo la pubblicazione, nel 1923, furono aspre le critiche nei confronti dell’opera.

Il nuovo insuccesso gravò su Svevo peggiorando le sue precarie condizioni di salute e gettandolo in una profonda depressione.

Di fronte all’indifferenza della critica italiana, sarà l’amico James Joyce a promuovere l’opera di Svevo in Francia, dove avrà i primi riscontri positivi. Inizialmente sarà soprattutto la critica straniera ad occuparsi dell’opera.

In Italia, a precorrere il successo critico sarà il giovane Eugenio Montale che pubblicherà nel periodico milanese «L’Esame» del dicembre 1925 un articolo dal titolo Omaggio a Italo Svevo.

Da lì tanti furono gli apprezzamenti della critica, tra tanti quello di Giuseppe Prezzolini,che portarono l’autore triestino al raggiungimento di un successo comunque elitario ma che, nel corso degli anni, in particolare dalla metà del XX secolo, l’avrebbe trasformato in uno degli autori italiani più apprezzati del Novecento.

Italo Svevo morirà il 13 settembre 1928, a causa di un incidente automobilistico.


Per approfondimenti su Italo Svevo:

Italo Svevo. La coscienza di un borghese triestino, Enrico Ghidetti, Roma, Editori Riuniti, 1980.

Redazione Letturificio
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