LETTERATURA FEMMINILE

Virginia Woolf, “Una stanza tutta per sé”
Virginia Woolf alla Monk's House

A ogni costo, spero che riusciate a entrare in possesso di una quantità di denaro sufficiente per viaggiare e per starvene con le mani in mano, per contemplare il futuro o il passato del mondo, per sognare sui libri e bighellonare agli angoli delle strade e lasciare che la lenza del pensiero si immerga profondamente nella corrente1.

Chiamata a prendere parte a due conferenze sul tema delle donne e il romanzo, presso la Arts Society di Newnham e la Odtaa di Girton, nell’Ottobre del 1928, Virginia Woolf realizza questo splendido saggio narrativo, inizialmente dal titolo Le donne e il Romanzo, che verrà poi revisionato e modificato nel titolo2.

Annoverato tra gli scritti più famosi della Woolf, Una stanza tutta per sé è un’opera che risulta attuale oggi, come lo era allora. Intriso della forte indignazione dell’autrice nei riguardi della condizione della donna nella società tutta e, in particolare modo, nel mondo letterario, presenta un quadro ben chiaro della situazione del tempo. La delineazione del profilo storico-sociale è possibile anche grazie alle letture che la stessa autrice fa durante le sue ricerche e riporta all’interno del saggio.

Partendo da esperienze personali e toccando le diverse fasi storiche e letterarie, Virginia Woolf, con la sua invidiabile capacità di analisi, riesce a rendere con chiarezza un argomento tanto ampio e dibattuto. Scontrandosi con le tante domande che affollano la sua mente, l’autrice scava nei meandri della letteratura alla ricerca di risposte sul perché della condizione femminile.

Prendendo spunto dalla sua visita a Oxfam (contrazione tra Oxford e Cambridge) durante la quale le fu vietato di entrare in biblioteca perché donna, se non accompagnata da un membro del college, Virginia Woolf intraprende quel viaggio nel mondo femminile partendo dai tempi di Shakespeare e analizzando il diverso percorso che gli uomini e le donne hanno affrontato nel mondo della letteratura. La ricerca del perché di tali distinzioni di sesso non può che iniziare dai libri scritti a riguardo, la maggior parte di autori maschili.

Alcuni di questi scherzosi, altri seri, moralistici e pregiudizievoli. Proprio attraverso questi studi che l’autrice riporta dettagliatamente, il saggio risulta intriso di riferimenti ad opere di uomini che esprimono grandi pregiudizi nei confronti delle donne, considerate incapaci di fare letteratura e intellettualmente inferiori.

L’indignazione di Virginia Woolf diventa feroce davanti all’opera di un tale professor von X autore de Dell’inferiorità mentale, morale e fisica del sesso femminile. Ciò che emerge da tutti quei libri è la rabbia e il forte risentimento che il sesso maschile prova nei confronti delle donne.

In opposizione alla società patriarcale che si delinea davanti ai suoi occhi, la scrittrice insiste su come fosse deplorevole la condizione della donna nel corso della storia, ridotta al ruolo di madre, di sorella e di figlia, e mai elevata a quello di scrittrice o intellettuale.

Da ciò la costatazione della Woolf di quanto la libertà intellettuale dipenda, in realtà, dall’indipendenza economica e quanto sia, inoltre, importante che ogni donna abbia “una stanza tutta per sé”: un luogo in cui pensare, libera dagli impegni della famiglia e della casa, sola e concentrata soltanto sulle proprie idee.

La fortuna di Virginia Woolf, come lei stessa sostiene, fu l’eredità lasciata dalla zia che le permise di dedicarsi completamente alla scrittura, senza dover dipendere da nessuno e facendo della sua indipendenza, la sua forza:

Nessuna forza al mondo può portarmi via le mie cinquecento sterline. Cibo, alloggio e vestiario sono miei per sempre. […] Non ho bisogno di odiare nessun uomo; egli non può ferirmi. Non ho bisogno di adulare nessun uomo; egli non ha niente da darmi3.

Dopo le scrupolose ricerche, l’autrice riscontra una grande falla storica: la mancanza, prima del Settecento, di informazioni riguardo alla condizione e allo stile di vita delle donne del tempo.

La contraddizione maggiore è vedere che le donne che affollavano le pagine dei poeti, al tempo, fossero caratterizzate dal grande temperamento, ma allo stesso tempo fossero escluse dalla storia e relegate a poche pagine smunte di informazioni o a sfondo delle vicende maschili.

L’indagine verte, a questo punto, sul perché non ci fossero state delle donne prima del Settecento a scrivere grandi capolavori della letteratura.

L’analisi di Virginia Woolf risulta lucida e ben esposta, riflettendo su quanta ostilità avrebbe potuto attirare una donna se avesse voluto vivere del suo talento, prima del Settecento, e su quanta integrità le fosse richiesta per affrontare la critica severa della società e rimanere aggrappata alle proprie convinzioni.

La situazione, come ci spiega l’autrice, non sarà molto diversa nell’Ottocento, ma inizieranno ad emergere scrittrici come Jane Austen e Emily Brontë, il cui talento sarà, però, rilegato al genere del romanzo.

Nel testo vengono ricordati i nomi di donne che con sacrificio hanno apportato piccoli, ma essenziali, cambiamenti in una situazione così meschina; tra questi Woolf ricorda Aphra Behn, tra le prime donne ad essere pagate per il proprio lavoro di scrittura.

Sacrifici di donne che nei secoli avrebbero portato l’intera categoria ad avere maggiore indipendenza, a godere di una dignità economica, e finalmente a far conoscere le proprie idee sulla pagina scritta. Senza queste donne, sottolinea l’autrice, neanche le grandi scrittrici come Jane Austen o Emily Brontë avrebbero potuto godere del successo:

Perché i capolavori non sono nascite isolate e solitarie; essi sono il risultato di molti anni di un pensare in comune, di pensare avendo accanto a sé la gran parte del popolo, sì che l’esperienza della massa si raccoglie dietro quella singola voce4.

Virginia Woolf si fa portavoce di una critica severa nei confronti della società patriarcale, ma non ritiene gli uomini gli unici responsabili di tale condizione. Quello che emerge dal suo scritto è una grande consapevolezza delle colpe da parte di entrambi i sessi e soprattutto l’invito a riconoscere l’importanza sia del punto di vista maschile, che di quello femminile.

Il consiglio è quello, per gli uomini, di ricercare la propria parte femminile interiore, da cui deriva lo stimolo creativo e per le donne, quello di trovare il lato maschile, grazie al quale un’opera può apparire più diretta e immediata. Solo attraverso la commistione dei punti di forza dei diversi sessi si potranno avere opere ben riuscite. L’unione quindi delle capacità dell’uomo e della donna è ciò che può portare alla massima soddisfazione.

A conclusione delle sue ricerche, la Woolf constata che un’anima nella quale convivono una forza maschile e una femminile e nella quale queste sono in grado di cooperare, senza pregiudizi di alcun tipo, è quella che permette di avere grandi capolavori.

È fatale che chiunque scriva abbia in mente il proprio sesso. È fatale essere un uomo o una donna, puramente e semplicemente; si deve essere donna-maschile o uomo-femminile. Per una donna è fatale porre il benché minimo accento sui motivi di risentimento che può avere; prendere la difesa di qualunque causa anche se giusta; parlare comunque con la consapevolezza di essere donna. […] qualunque cosa scritta con quel consapevole pregiudizio è destinata a morire. […] Una qualche forma di collaborazione deve necessariamente avere luogo nella mente, tra la donna e l’uomo, prima che l’arte della creazione possa realizzarsi5.

1 Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé, Milano, Mondadori, ed. 2017, p. 124.

2 L’opera verrà pubblicata a Londra nel 1929 e arriverà in Italia come saggio singolo, presso Il Saggiatore, nel 1980.

3 Ivi, p. 44.

4 Ivi, p. 75.

5 Ivi, p. 119.

Redazione Letturificio
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