Malombra è il primo romanzo di Antonio Fogazzaro. Viene pubblicato a Milano nel 1881 dopo ben dieci anni di stesura. La storia raccontata è quella di Marina di Malombra, una donna inquieta e ossessionata dalla convinzione di essere la reincarnazione della sua antenata Cecilia, torturata in quel castello da suo marito, e di doverne vendicare la morte.
Di seguito abbiamo immaginato che Marina affrontasse una seduta di terapia di coppia riflettendo sui cambiamenti in atto.
Buonasera Marina, la sua voce quando mi ha cercata mi è sembrata molto inquieta: da dove vuole iniziare? Che succede?
Buonasera Dottoressa, ha ben compreso il mio stato d’animo. La colpa di tanta inquietudine è da attribuire a Corrado Silla, l’uomo che credevo essere il mio futuro, l’uomo predestinato a me da un Dio benefico. Per molto tempo ho creduto che lui avesse compreso quale fosse il mio scopo, il ruolo a cui ero destinata. Dopo tanti sciocchi corteggiatori, sentivo una passione sorda, prepotente verso quest’uomo, pensavo all’infallibile compiersi delle promesse divine. E invece…sono stata io la sciocca, lui il traditore, colui che non mi ha creduta, non ha compreso per quale destino fossi stata prescelta.
A cosa si riferisce? Perché dice che questo Sig. Silla l’ha tradita?
Dottoressa cercherò di spiegarglielo brevemente. Una sera mi accorsi che ero già stata sulle sponde di questo lago, di aver già ascoltato in lontananza quelle campane suonare, ma non ricordavo quando. Sembrava un tempo lontano, un’altra vita. Avevo già avuto durante l’adolescenza lampi di reminiscenze, nelle circostanze più indifferenti della mia vita. Ed ora questi ricordi erano tornati. Inizialmente pensai si trattasse di allucinazioni, ma una sera capii che non era così: quelle reminiscenze non erano allucinazioni, ma veri ricordi di un’altra vita. Io ero la reincarnazione di Maria Cecilia Varrega di Camogli, infelice moglie del conte Emanuele d’Ormengo e mia antenata. Fu così che ebbi la consapevolezza di poter dare nuovamente vita a quella donna e finalmente vendicarla. A quel punto conobbi Silla, tra di noi c’era una forte attrazione, una sorta di elettricità e mi convinsi che lui avesse capito, che avesse accolto il mio destino, quando una sera mi chiamò proprio “Cecilia”. Ma non era così, mi aveva soltanto ingannata.
Mi perdoni Marina, ma ho necessità di comprendere bene: chi è Cecilia?
Come le dicevo dottoressa, Cecilia è una mia vecchia antenata, moglie di mio zio, il conte d’Ormengo. Una sera di non molto tempo fa, dopo la serie di strane ricordanze che le raccontavo prima, trovai casualmente alcuni suoi oggetti: uno specchio con la cornice argentata, un guanto, una ciocca di capelli finissimi e un libro di preghiere. Sulle prime non capii di cosa si trattasse, soltanto dopo, mossa dalla curiosità, lessi quelle pagine e capii che parlavano proprio a me. Pensai che fossero i deliri di quella donna, ma quella stessa sera mi sembrò di ricordare degli istanti perduti nelle tenebre, sentii un’oppressione indicibile attanagliarmi la gola, come se stessi affogando. Iniziai ad abbracciare l’idea che io fossi la reincarnazione di Cecilia, io che, come lei, odiavo mio zio e avrei dovuto vendicarla delle indicibili sofferenze e torture a cui lui l’aveva sottoposta all’interno di questo castello. Ed è esattamente quello che ho fatto, mio zio è morto per mano mia e finalmente la dolce Cecilia ha avuto la vendetta che attendeva da tempo.
Questa cosa complica obiettivamente la situazione di cui mi sta parlando, sa a quali conseguenze potrebbe andare incontro?
Oggi più che mai sento di essere vicina all’animo di Cecilia, anch’io sono stata tradita da un uomo che mi ha illusa, che mi ha fatto credere di condividere il destino per il quale sono nata e che invece mi ritiene una pazza. Anche lui dovrà pagare, ma non chiederò ad altri vendetta per me, sarò io stessa a punirlo…adesso devo scappare…
La signorina Marina, fin dal suo ingresso nello studio, si mostra particolarmente inquieta. Si guarda intorno con aria sospetta, appare alternativamente spaventata e spavalda nei modi e negli atteggiamenti, i suoi discorsi sono molto confusi anche se, nel suo parlare, permane una logica. La prima cosa di cui mi mette al corrente è il tradimento che ha subìto da parte di un certo Sig. Silla, che le avrebbe fatto credere di essere innamorato di lei, ma che poi avrebbe dimostrato di pensarla pazza. Questo episodio ha lasciato Marina delusa nelle sue aspettative di un vero amore e il suo stato si ritrova nel racconto, anch’esso costantemente poco chiaro. Alla mia richiesta di spiegazione, sembra cambiare completamente argomento (ma lo fa solo apparentemente come spiegherò più sotto), parlando di una certa Cecilia, sua antenata, e di come da adolescente avrebbe avuto episodi che, oggi, la inducono a pensare di essere la sua reincarnazione. Inoltre, il recente ritrovamento di un manoscritto e di alcuni oggetti appartenuti a Cecilia la portano a credere di dover vendicare la sua antenata, anche lei tradita in amore. Il racconto rimane, per me, in più parti piuttosto sconnesso dalla realtà, mentre per lei sembra essere tutto molto consequenziale. I piani temporali dei fatti a cui si riferisce sono particolarmente distorti e sovrapposti. Lo scambio e la sovrapposizione tra tempi, personaggi e racconti, riferiti a momenti diversi, prosegue fino alla confessione dell’uccisione del Conte, della cui morte avevo di fatto avuto notizia di recente. Dalla narrazione di questo episodio colgo nella donna una chiara soddisfazione, mista a piacere, che mi conferma un quadro psicologico complesso riferibile, probabilmente, ad un disturbo di personalità di tipo borderline, per il suo essere caratterizzato da ossessioni e manie e da una diffusa tendenza all’autodistruzione. Cerco di far intendere a Marina che l’omicidio del Conte e la sua confessione mi mettono in una condizione di “obbligo di referto” dalla quale non posso sottrarmi, ma il fatto che la donna non comprenda la gravità della cosa e non se ne occupi affatto, accennando addirittura ad una ulteriore vendetta in procinto di mettere in atto, mi confermano la gravità del suo stato.
Disturbo Borderline di Personalità
Il Disturbo Borderline di Personalità è caratterizzato da un particolare vissuto emozionale che risulta eccessivo, variabile, ed immaturo, e da una forte instabilità dell’identità dell’individuo. Spesso si riscontrano in questa condizione stati depressivi, paura di abbandono, ossessioni e manie di entità lieve o moderata. La complessità del quadro e la sua difficile definizione lo vedono inserito in un dibattito sulla appropriatezza della terminologia ancora oggi non del tutto concluso. Il termine borderline originariamente usato per indicare una situazione al limite tra manie e psicosi, oggi rientra anche nelle definizioni di altri quadri di personalità, tanto da poter parlare a livello più generale di “Organizzazione Borderline”.